8 Aprile 2021
Degustatore birra, lezione numero tre: uno sguardo al passato per capire la birra di oggi
Matteo Malacaria, autore del blog “Birramoriamoci” e del libro “Viaggio al Centro della Birra”, ci racconta la sua esperienza nel Corso per Degustatore di Birra: la terza lezione approfondisce nozioni di carattere storico e geografico per scoprire le origini del mondo brassicolo.
Ecco il mio resoconto della terza lezione del Corso Degustatore Birra.
Terza lezione del corso per Degustatore Birra, le cose iniziano a farsi interessanti. Alle informazioni basilari di carattere ludico e tecnico, viste e assaggiate nelle lezioni precedenti, stavolta si entra nel mosto della teoria, approfondendo le nozioni di carattere storico e geografico. Perché, checché si dica, anche la birra è cultura e richiede studio matto e saporitissimo.
Il corso diventa dunque occasione sfiziosa per scoprire come le origini della birra seguano quelle della civiltà umana; la conoscenza dei cereali prima e la trasformazione dello stile di vita, da nomade a sedentario, successivamente. Le informazioni odierne imputano la “scoperta” della birra ai Sumeri, più in generale a quella porzione di terra fertile che è la Mesopotamia; qui sono state rinvenute le prime tracce di un vero e proprio brodo primordiale brassicolo, nient’altro che un grossolano fermentato di cereali. Da qui la birra si è progressivamente diffusa verso occidente, conquistando terre e consensi tra babilonesi ed egizi, greci e romani, infine tra le popolazioni scandinave e quelle mitteleuropee dove ha attecchito con maggiore solidità.
Dopodiché tanti piccoli tasselli si sono aggiunti all’affascinante mosaico della storia e geografia birrarie: durante il Medioevo, il cosiddetto periodo buio della storia dell’umanità, hanno visto la luce i primi movimenti brassicoli di origine monastica, gettando le basi per le odierne birre d’abbazia o, meglio ancora, le birre trappiste; la più recente rivoluzione industriale, grazie alle sue scoperte scientifiche e tecnologiche, ha consentito alla birra di lasciarsi alle spalle il suo traviato trascorso di bevanda empirica, diventando, nel bene e nel male, un prodotto figlio della standardizzazione.
Sarebbe ingiusto e pretestuoso racchiudere la storia e la geografia birrarie in una sola lezione; certamente sarebbe offensivo nei confronti degli storici, ai quali una vita non basta. La lezione riesce tuttavia nel suo intento: snocciolare pillole e stuzzicanti curiosità che possano attecchire nei corsisti e, maturando, dare vita alla prossima generazione di appassionati; il resto è esperienza sul campo.
Conoscere i luoghi, vicino o lontani, non vale la pena, non è che teoria; saper dove meglio si spini la birra, è pratica vera, è geografia – Johann Wolfgang Goethe
Birra 1: Vital Spark, Rich Dark Ale 4.4% di Fyne Ales
Descrittore: salmastro
Di provenienza anglosassone, nella fattispecie scozzese, nei pressi del celebre Loch Ness. Una birra che sfugge agli stili nomenclati, facendo piuttosto riferimento a una generica indicazione cromatica. Anche dal punto di vista produttivo però: i luppoli, Amarillo e Cascade, sbandierano stelle e strisce. Queste due varietà, apprezzate per le proprietà citriche, riescono qui, insieme ai malti tostati, a dimenticare la loro declinazione principale, limitandosi a un pronunciato contributo resinoso. Leggera, esile di corpo, poco carbonata ma ricca di gusto: c’è tanta Scozia in questa birra, persino un riflesso salmastro che ricorda la salsa Worchester puntualmente servita al fianco di un piatto di Fish&Chips.
Birra 2: Strandgaper, Belgian Ale 6.2% di Schelde
Descrittore: nespola
Immediato ed eloquente il divario tra la scuola angloamericana e quella belga, quest’ultima con l’accento sul lievito e sul suo patrimonio di esteri e fenoli. La qui presente interpretazione convince il suo pubblico con un discreto corredo aromatico e gustativo, facendo convenire i più attenti sulla presenza di una fantomatica nespola impiegata in produzione. Il che potrebbe anche essere vero, ma nessun birraio belga lo ammetterebbe mai.
Birra 3: High Wire West Coast Pale Ale 5.5% di Magic Rock
Descrittore: radicchio
Luppolata di provenienza inglese, ancora una volta con luppoli di origine americana. Stavolta però si torna alla casa base, ovvero alle note citriche. L’amaro è il gusto dominante, pur rimanendo circoscritto e distante da fastidiose astringenze, mantenendo un ricordo di malti fragranti che il nobile popolo britannico tanto apprezza. Al veneto più sensibile non è sfuggita la nota peculiare di radicchio trevigiano, varietà precoce.
Birra 4: Tripel 9.5% di Westmalle
Descrittore: cambiale
Archetipo di uno stile e icona immortale: sulla Westmalle Tripel si potrebbero scrivere tomi. La classe ha potuto toccare con mano i benefici del riscaldamento di una birra così imponente sul suo bouquet. Ma a lasciare esterrefatto il basito pubblico è l’infingarda capacità dei belgi, vera e propria stregoneria birraria, di realizzare birre ipertrofiche dal punto di vista alcolico, capaci di andare giù con facilità pazzesca. Come una cambiale: prima bevi, poi paghi quando ti alzi dalla sedia. Con gli interessi.
Credits: Matteo Malacaria
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