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15 Aprile 2021

Degustatore birra, lezione numero quattro: la Produzione

Matteo Malacaria, autore del blog “Birramoriamoci” e del libro “Viaggio al Centro della Birra”, ci racconta la sua esperienza nel Corso per Degustatore di Birra: la quarta lezione tratta le fasi del processo produttivo, utile al degustatore per arricchire il vocabolario e fare la differenza in sede di assaggio.

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Ecco il mio resoconto della quarta lezione del Corso Degustatore Birra.

Prosegue il corso per Degustatore Birra,

Con la quarta lezione si fa un piccolo passo indietro, così da prendere la rincorsa e procedere di slancio verso la seconda metà del corso. Si parla delle molteplici fasi del processo produttivo, nel gergo “la cotta”. Una lezione che non aiuta il degustatore a cogliere sfumature organolettiche, ma che consente di arricchire il proprio vocabolario e fare la differenza in sede di assaggio. Perché un buon degustatore, prim’ancora di sapere evidenziare pregi e difetti, dovrebbe avvolgere la birra di poesia, cantando le beltà della sua dolce metà. Fortunatamente, stavolta, non si tratta di amore platonico.

Senza entrare nel dettaglio mi limito a riportare di seguito le fasi vitali del processo: ammostamento, bollitura e fermentazione. Ciascuna di queste fasi dà spazio a uno diverso degli ingredienti evidenziati nelle precedenti lezioni, con l’acqua a fare da collante per tutte.

L’ammostamento è il bagnetto dei cereali, maltati e non, che giostrando con le temperature consente l’attivazione degli enzimi che predisporranno il pastone, impasto o porridge che vuol si chiami, alle fasi successive; come una ricca e corroborante colazione, lo scopo è nutrire i lieviti e dare loro le dovute energie per compiere il loro lavoro fermentativo. 

In fase di bollitura, tra gli altri, il protagonista è il luppolo, anzi i luppoli: le varietà sono tante e, oltre alle intrinseche differenze, è rilevante il momento della loro gittata nel mosto. Il luppolo che bolle di più estrae maggiore amaro; quello che introdotto tardivamente, nelle fasi finali della bollitura, a bollitura ultimata o addirittura nella successiva fase di fermentazione, apporterà gli effluvi e le inebrianti sensazioni aromatiche alle quali gli appassionati di birra sono sempre più assuefatti.

Ultima ma non meno importante, la succitata fermentazione, appunto. L’unica fase in cui la birra, appena uscita da una vigorosa bollitura, è sottoposta a shock termico: l’abbattimento repentino delle temperature elimina il riassorbimento di composti volatili sgradevoli e, soprattutto, consente il raggiungimento di temperature adatte all’inoculo del lievito, sia di alta sia di bassa fermentazione.

A questo punto, amici, inizia lo spettacolo. Il birraio, protagonista del mosto, si mette da parte e lascia al suo fido lievito il compito di trasformarlo in birra; nel frattempo, nella stanza segreta, prega perché la birra venga fuori come l’ha immaginata, limpida ed esente da difetti. Il tempo e la clemenza della divinità della birra e del malto faranno la differenza.

Ayinger Urweisse

Birra 1: Ayinger Urweisse Dunkelweizen 5.8%

Stile infelice quello delle Weizen e sue varianti, vessate dall’appellativo di “birra cruda”. Birre che ruotano attorno a due descrittori: banana e chiodi di garofano, sottoprodotto fermentativo dell’omonimo ceppo di lievito. Qui attenuati dalla base maltata, che contribuisce al corredo organolettico con note di miele di arancio, mou e biscotto. La discreta fragranza dà piacere al palato e aiuta a mandare giù il dolce pastone. Suggestioni di pera e, con l’aumento delle temperature, insoliti – ma non spiacevoli – sentori di caciotta.

Birra 2: Klosterbrauerei Dunkel 5.1%

La precedente birra, privata del lievito Weizen, restituisce l’essenziale: una birra a tendenza dolce, di colore ramato carico, dai pronunciati sentori maltati; un’evoluzione dalle rincuoranti sensazioni di miele di castagno, toffee e crosta di pane, culminando alle divagazioni tostate di zucchero caramellato e cacao. Divagazioni di frutti rossi (uvetta) sono eredità dei malti Monaco e di quelli speciali. Un principio di astringenza, complice anche una deriva terrosa, rompono l’avvolgente e suadente magia di malto.

Klosterbrauerei Dunkel
Director’s Cut

Birra 3: Director’s Cut, Stout 5% di East Side Brewing

Una Stout in lattina? Ebbene sì. Niente male tra l’altro. Essenziale: dominio di caffè varietà arabica su base di caramello scuro e pane di segale, porzione del quale anche tostata; intermezzo di cioccolato fondente e finale di frutti rossi (uvetta, susine). Sullo sfondo un leggero sentore salmastro e, con lo scorrere del tempo, liquirizia in sciroppo. Nel retronasale il caffè si fonde alle note di anice, richiamando un’immaginifica Sambuca con la “mosca”.

Birra 4: Rodenbach Grand Cru Flemish Red Ale 6%

Spiccata propensione acetica che rimane nel perimetro delle tonalità amabili: aceto di malto e di riso, con declinazioni di succo di mela. Ben presenti, ancora una volta, i frutti rossi, amarene su tutti. E poi la firma del birrificio, specializzato nell’affinamento delle birre in gigantesche botti di rovere, da cui estrae, insieme alla microflora residente, sentori piacevoli di legno, cantina umida e, soprattutto, vaniglia, bilanciando la sua acidità.

Altro giro, altre birre. Prossimo appuntamento: la geografia birraria, seconda parte.

Rodenbach Grand Cru

Credits: Matteo Malacaria

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