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22 Aprile 2021

Degustatore birra, lezione numero cinque: Geografia della birra, dal Regno Unito agli USA e ritorno

Matteo Malacaria, autore del blog “Birramoriamoci” e del libro “Viaggio al Centro della Birra”, ci racconta la sua esperienza nel Corso per Degustatore di Birra: nella quinta lezione si riprende il discorso sulle birre ad alta fermentazione, soffermandosi, dal punto di vista storico e geografico, sulle interpretazioni stilistiche da parte del mondo anglosassone e americano.

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Ecco il mio resoconto della quinta lezione del Corso Degustatore Birra.

Prosegue il corso per Degustatore Birra, giunto alla quinta lezione; e con essa al giro di boa. I corsisti hanno già capito che la birra, con le dovute precisazioni, è una questione seria. Certamente si colloca in contesti che vanno ben oltre il mortificante stereotipo di “pizza e birretta”.

La quinta lezione si riprende il discorso sulle birre ad alta fermentazione, soffermandosi, dal punto di vista storico e geografico, sulle interpretazioni stilistiche da parte del mondo anglosassone prima e di quello americano successivamente. Il manuale BJCP, una sorta di compendio degli stili birrari, redatto al fine di codificare e standardizzare le specifiche proprie di ciascuno stile, ha consentito di dare a ciascuno stile parametri ben precisi, facilmente riconoscibili. Con una importante nota a margine: le indicazioni del manuale vanno prese con le pinze. Piccoli scostamenti interpretativi sono ammessi e legittimi. Pertanto il birraio più estroso non si lasci tarpare le ali da quelle che sono, appunto, linee guida, ma si senta libero di dare sfogo alla propria creatività. Gli stili sono indicazioni ma il mercato lo fanno sempre e comunque i consumatori.

Fyne Ales

Birra 1: Fyne Ales Avalanche, Pale Ale 4.5%

Interpretazione scozzese di un classico anglosassone. La birra perfetta per l’avventore senza pretese, che aborra la birra industriale. Idealmente andrebbe consumata come una Real Ale pretende, servita a caduta direttamente dal cask, con poca carbonazione naturale; insomma, una birra da bere a fiumi. In bottiglia rende solo parzialmente l’idea. Note di marmellata di agrumi, tipiche delle luppolature tradizionali europee, ma soprattutto una distintiva mineralità, che enfatizza l’impronta dell’acqua utilizzata. Amara senza eccessi, con un finale agrumato e leggermente terroso.

Birra 2: Thornbridge Jaipur, IPA 5.8%

I consumatori più affezionati giurano che, nel corso degli anni, questa ricetta sia cambiata sensibilmente. Le luppolature, certamente, non sono più quelle originali, ma il risultato rimane sempre gradevole. Agrumi in genere, con una punta di pompelmo in più rispetto alla birra precedente; ma soprattutto sentori tropicali (papaia, ananas sciroppata, melone retato) su una delicata base di malti chiari, leggermente tostata, per effetto “masticabile” che tanto piace agli inglesi. Al gusto, insieme all’aspro di agrumi, l’amarezza, sempre bilanciata, è accentuata da un finale resinoso.

Thornbridge Jaipur
Schreckenskammer

Birra 3: Schreckenskammer Kölsch 5%

Dal Regno Unito alla Germania, assaggiando uno dei pochi stili “ibridi” al mondo: una birra ad alta fermentazione in cui il lievito viene costretto ai lavori forzati al limite inferiore delle temperature di fermentazione. Il risultato sono sentori fruttati e speziati ridotti al minimo, qui vagamente riconducibili alla mela Golden e a suggestioni di pera Decana. Interpretazione canonica resa saporita da una vena di miele. L’amaro, più erbaceo del previsto, ne esalta il carattere rustico.

Birra 4: Ritterguts Gose 5%

Rimaniamo in terra tedesca per assaggiare uno stile raro, storico secondo il BJCP: quello delle Gose. Birre prodotte con una buona percentuale di malto di frumento, coriandolo e – udite, udite! – sale (in origine naturalmente presente nell’acqua impiegata). L’ulteriore aggiunta di lattobacilli le conferisce la verve acidula, che interagisce ed esalta il sapore citrico del frumento (limone). La birra dell’estate, perfetta per affrontare la canicola. Per gli astanti una bella dimostrazione: rispetto alla celebre birra ai cristalli di sale, questa sì che è una birra salata!

Ritterguts Gose
Westmalle Dubbel

Birra 5: Westmalle Dubbel 7%

Altra icona di uno stile, pur non l’archetipo come la sorella maggiore. Una birra che piace a tutti, o quasi: a tendenza dolce ma non stucchevole, generosa nell’elargire coccole maltate e carezze alcoliche. Seduzioni a cui l’assaggiatore non può resistere. Sullo sfondo sentori di frutti rossi e frutta secca. Il tutto in continua evoluzione, man mano che la birra si stempera, amplificando il proprio spettro organolettico.

Birra 6: 3 Fonteinen Oude Gueuze 5.6%

Degna conclusione di un’altra bella lezione, sublimando il Grande Belgio con uno degli stili più rappresentativi: le Gueuze. Decisamente carbonata e acida, lascia i corsisti di stucco, dividendo la classe tra fautori e contrari. Personalmente l’ho trovata perfetta come birra didattica, acida ma senza estremi, forse meno del previsto. Una birra che consente al consumatore restio e titubante di sbirciare appena oltre il confine delle birre acide, lasciandolo padrone di decidere se varcarlo o fermarsi sull’uscio a rimirar.

3 fonteinen

Credits: Matteo Malacaria

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